Letizia Moroni   Per condividere con voi idee, pensieri, considerazioni...

Le donne in politica

Quello che è accaduto alla candidata sindaco di Milano del Movimento 5 Stelle, Patrizia Bedori, non si può che definire un vergognoso episodio di misoginia, che ben rispecchia l’evoluzione della società attuale riguardo le donne.
La misoginia, mista a razzismo, di cui è stata vittima la Bedori, ci deve far riflettere sul ruolo delle donne in generale ma, in questo caso, sul ruolo delle donne in politica e sulle relative conquiste a riguardo.
La Bedori è stata massacrata a livello mediatico con insulti feroci, che hanno riguardato il suo aspetto fisico e la sua professione, cioè casalinga quindi disoccupata. E’ stata definita brutta, grassa, obesa, quindi indegna di rappresentare il Movimento in una competizione elettorale.
Cio’ che amareggia e dovrebbe far scaturire profonde riflessioni è che, a prescindere dall’appartenenza politica, la solidarietà che ci si aspettava potesse scaturire da attacchi così’ meschini e crudeli, non c’è stata, se non qualche dichiarazione sporadica, ma senza che tali dichiarazioni creassero un caso, o dessero vita ad un serio dibattito mediatico. Non abbiamo assistito ad un’indignazione generale delle colleghe di genere ed è scioccante sapere che gran parte delle denigratrici erano donne!!!
La crudeltà dei giudizi contro la Bedori è stata spregevole e rafforza una tesi assolutamente folle quanto purtroppo largamente condivisa, cioè che la bruttezza è una colpa e la bellezza un merito.
Se anche in politica, oltre che in tv, le donne non possono permettersi di essere se stesse, allora è evidente che stiamo assistendo ad una regressione culturale triste e senza scampo e ad una cancellazione di tutto ciò che è stato il femminismo e le lotte per la liberazione delle donne dai cliche’ imposti dalla cultura maschilista.
I modelli delle Ministre dall’aspetto gradevole, sdoganati da Berlusconi e poi ripresi da Renzi, non hanno prodotto un messaggio costruttivo e cioè quello che anche una donna avvenente può essere brava e deve essere considerata per le sue capacità, purtroppo hanno prodotto il messaggio contrario: sono stata prescelta perché avvenente, mi sforzerò di essere all’altezza del ruolo e della fiducia che ha riposto in me il mio mentore.
La scelta della candidata avvenente ha come conseguenza immediata le prime pagine dei giornali, si assiste a copertine in cui vengono dati in pasto ai lettori i fisici “da urlo” delle politiche, seguiti da sottili allusioni ai presunti “amanti pigmalioni”. Spesso si scrive di più sulle eventuali love story delle piacenti politiche che sulle proposte o sul lavoro che svolgono in Parlamento.
In poche parole si arriva ad essere nominate in politica (sempre da uomini) se belle, se discendenti da famiglie ricche o se servizievoli verso i potenti di turno.
Giudicate sempre per il look e raramente per le capacità, ne esce un modello di “bonazza rampante” che sale al potere grazie alla protezione dello “sbavatore” potente di turno, modello che il più delle volte, purtroppo, corrisponde alla verita’. L’aspetto fisico diventa importante anche in politica.
Basta leggere le pagine dei giornali di questi ultimi giorni, assistiamo all’ascesa di alcune candidate sindaco, che seppur gradevoli, ma molto nella norma, vengono osannate come top model, considerate irresistibili, soltanto perché magari hanno imparato a mostrare qualche centimetro di carne in più, come le soubrette di un varietà.
Candidate sindaco che se in tv si presentano con gonne sopra il ginocchio ottengono le prime pagine con un’esaltazione a volte sfinente ed altrettanto esagerata, della loro avvenenza fisica (spesso sovrastimata) facendo passare in secondo piano i contenuti del programma politico.
Assistiamo purtroppo, anche in politica, a figure ad “ uso e consumo maschile” e ad un’ingiustizia di fondo: mentre gli uomini possono permettersi di essere dei “cessi” di proporzioni bibliche, senza che nessun giornale sottolinei la loro oggettiva e disarmante bruttezza, le donne in politica vengono osannate o punite, per la loro immagine e sempre, ripeto, secondo una visione maschilista, che prevede che soltanto i maschi devono essere assecondati sessualmente attraverso la vista, mentre le donne devono silenziosamente accontentarsi di “catorci” politicamente talentuosi ma orrendi alla vista .
Le donne infatti, non solo non possono lamentarsi di quanto siano, fisicamente e non solo, sgradevoli certi politici, ma per l’uomo essere brutto è una condizione accettabile, per le donne essere brutte è un peccato imperdonabile che si trasforma in colpa grave e che comporta l’esclusione anche dalla vita politica, con il vergognoso ed autolesionista “silenzio assenso” delle colleghe di genere. Le donne nominate dai pigmalioni “potenti maschi di turno” che occupano posizioni di potere, raramente riescono a salvarsi in competizioni elettorali in cui a votare sono le persone comuni.
Nelle competizioni elettorali, le donne non riescono ad emergere, perché si assiste ad un fenomeno ben preciso che si ripete nel tempo: le donne, da sempre più numerose rispetto agli uomini, non votano le donne.
Proviamo ad esaminare alcuni dei motivi per cui le donne non emergono nelle competizioni elettorali pur essendo in lista e quindi candidate. Penso alle elettrici, bombardate mediaticamente dalla descrizione sfinente e nei minimi particolari, dell’eventuale avvenenza della candidata.
Le gambe della Ministra, la Ministra più bella del mondo, la candidata sindaca con occhi ammalianti da cerbiatta, (ripeto, nella maggior parte dei casi, commenti esagerati rispetto alla realtà), insomma, le donne che dovrebbero impegnarsi esclusivamente a migliorare la vita dei cittadini, diventano invece elementi di confronto fisico verso cui le donne comuni devono costantemente confrontarsi. Vengono proposti modelli assurdi, di presunta perfezione, preconfezionata e fasulla, in cui la politica di turno è bella, brava, seducente ed impegnata.
Questo bombardamento costante, non solo in tv, ma anche sulle riviste e nella pubblicità, di bellezze spesso artificialmente ritoccate, porta le donne a non avere modelli reali di riferimento, modelli con i quali identificarsi, ma modelli di perfezione irraggiungibile a cui è impossibile attribuire la conoscenza della fatica quotidiana dell’essere donne, mamme, lavoratrici, con fisici orgogliosamente normali e con stipendi che a mala pena aiutano a sopravvivere, figuriamoci se possono consentire la cura della persona.
Lo stereotipo della politica, bella, seducente che si sforza di sembrare preparata, non è credibile, non funziona, perché viene percepita come distante dai problemi delle donne già costantemente soggette a giudizio.
Quante volte assistiamo negli uffici o in altri ambienti lavorativi a commenti gratuiti di uomini che si permettono di fare classifiche delle donne più avvenenti nel loro ambiente professionale, uomini brutti, sfatti, terribilmente anonimi sotto ogni punto di vista, virili come il Gabibbo, che hanno l’arroganza di giudicare anche ad alta voce, donne, sia belle che meno belle, in una sorta di delirio di onnipotenza maschilista. Senza che purtroppo le donne si ribellino, anzi spesso avvallano i giudizi gratuiti dell’omuncolo di turno. Si assiste spesso all’arroganza dell’uomo brutto ed insignificante, socialmente accettata, e si consolida l’idea che la pulsionalità sessuale, spudoratamente esibita ed ingorda del maschio anche brutto e sfatto, è “naturale”.
La conseguenza è che il maschio si permette di esternare il proprio desiderio ed il proprio irrilevante giudizio estetico verso le donne, senza nessun freno inibitore in tutti gli ambienti, senza essere mai giudicato.
Se questo avviene anche nei confronti delle donne in politica, per le elettrici, tutto questo diventa una gabbia di modelli sfinenti, finti, ingiusti e vacui, un circo mediatico che svilisce il ruolo che le donne in politica dovrebbero ricoprire.
Non possiamo ridurre il giudizio sulle donne ad un mero giudizio estetico, ma sono poche le donne che si ribellano a questa forma di razzismo, le donne hanno grandi responsabilità per questa regressione culturale a cui assistono pigramente ed opportunisticamente. Le donne che sono nei luoghi decisionali raramente portano cambiamenti sostanziali, questo vale per tutti gli schieramenti politici e per tutti i settori, ci si appiattisce alla norma spesso neutra maschile ed alla prassi consolidata al maschile.
Le donne comuni che si barcamenano tra il lavoro (di solito malpagato e faticoso) e la famiglia, le donne precarie per le quali anche un figlio è un lusso, le donne buttate fuori dal mercato del lavoro a causa della maternità, non credo si sentano coinvolte dal tema delle quote rosa nei consigli di amministrazione e neppure dalla doppia preferenza di genere.
Si tratta di temi distanti dalla loro quotidianità.
Le donne che convivono con problemi legati ad uno stato sociale debole vogliono salvarsi da questo, insopportabile, letale e offensivo scenario di banalità di carne femminile data al macello .
La ragione per cui l’elettorato femminile oggi non è ancora convinto di portare più donne in Parlamento, sta nel fatto che fino ad ora le parlamentari non hanno fatto assolutamente nulla per migliorare la condizione della donna in generale… Mi riferisco anche a donne preparate che non hanno puntato sull’aspetto fisico per fare carriera, come la Severino, la Camusso, la Bindi, la Jervolino, la Turco e molte altre.
Donne che pur avendo un percorso politico consolidato e credibile, non si può non sottolineare che tale percorso è stato comunque frutto del sostegno e della fiducia di uomini potenti, anche questa tipologia di donne in politica, non ha quindi saputo invertire la rotta, non ha combattuto per la presenza delle donne ai vertici del potere, non ha cambiato e nemmeno tentato di cambiare la mentalità maschilista del potere, anzi se pensiamo alla Fornero possiamo affermare che rappresenta il massimo esempio del fallimento “dell’essere donna” al potere, infatti nonostante donna e dall’aspetto credibile, la Fornero ha punito le colleghe di genere allungando l’età pensionabile, dimenticando il ruolo delle donne nello stato sociale del nostro Paese, accudiscono gli anziani, fanno figli, sono il perno del nucleo familiare. .. La politica per molte donne è un lusso perchè spesso sono assorbite da obblighi familiari da cui l’uomo è esentato.
Possiamo quindi affermare che in politica le donne hanno dimostrato di essere totalmente inefficaci riguardo le politiche di genere? Per sperare che ci sia davvero un cambiamento che parta dal basso, bisogna augurarci che le elette si impegnino a migliorare la condizione femminile in maniera tangibile e a tutti i livelli.
Come possono le donne normali dedicarsi alla politica se non hanno un’organizzazione sociale a loro sostegno? Gli asili ad esempio, sono pochi e soprattutto hanno degli orari proibitivi.
La soluzione per l’uguaglianza delle donne in politica non sono le quote rosa, che spesso avvantaggiano quelle che già possono permettersi il lusso di fare politica e che magari sono anche mediocri, ma sono i cambiamenti strutturali dal basso asili, aiuti per la famiglia, orari flessibili, soltanto così si possono liberare le donne da obblighi che gli uomini delegano loro e si possono creare reali condizioni di impegno politico.
La Bindi, e poche altre donne dignitose e preparate,  fanno notare che l’iper-sottolineatura dell’aspetto fisico femminile è un danno gravissimo per  l’autorevolezza e per la libertà di noi donne.
Si crede, sbagliando, che il gossip rosa avvicini la gente alla politica, non è vero, il gossip rosa è sempre e comunque ad uso e consumo maschile, porta ad un voyeurismo maschilista e fa dimenticare anche un elemento strategico fondamentale: che le donne sono numericamente superiori agli uomini.
Molte donne in carriera però, approfittano di questa mentalità maschilista perché fa loro comodo, la assecondano traendone vantaggi e, una volta al potere, combattono ferocemente le altre donne per mantenere le posizioni raggiunte.
Come possiamo scardinare i ruoli di genere attuali e le matrici culturali sessiste della società in cui viviamo se anche le donne che siedono in politica ne sono assuefatte e promotrici?
Non penso che la donna sia superiore all’uomo e viceversa, in politica mi piace parlare di “individui” meritevoli. Conosco esempi di donne in politica meravigliose e di donne in politica pessime e disoneste e la stessa cosa vale per gli uomini, gli uomini però possono concedersi il lusso di essere brutti, le donne no.
Le disuguaglianze di genere sono sempre esistite e si sono strutturate e stratificate lentamente nel corso dei secoli. Assistiamo ad una gerarchizzazione del rapporto uomo/donna, basata, sul dominio e sul controllo, anche in politica, ma assistiamo a donne che cavalcano questa prassi e non si ribellano facendo squadra.
Raramente le nostre rappresentanti in Parlamento godono di una autonomia decisionale.
Devono spesso rendere conto al pigmalione “potente maschio di turno” che le ha nominate , sono di conseguenza responsabili della loro posizione di subordinazione.
Se è evidente che si è sviluppata una maggiore sensibilità per la condizione femminile e per le discriminazioni e le disuguaglianze sociali in generale, gli atteggiamenti o comportamenti maschili prima considerati “naturali”, normali, o tollerati, oggi vengono spesso denunciati, non si assiste ad una rivoluzione culturale sostanziale, ma soltanto a minimi cambiamenti formali. Resta un elemento oggettivo, quello che l’esercizio effettivo del potere politico e sociale rimane prevalentemente in mano agli uomini . L’uguaglianza tra i sessi è più formale che sostanziale, infatti nonostante la crescita della presenza femminile nell’istruzione, nel lavoro e nella vita culturale, la presenza delle donne nelle sedi decisionali economiche e politiche è molto minore rispetto a quella maschile, in tutti i settori lavorativi gli uomini tendono ad occupare le posizioni di maggior potere, nelle organizzazioni, nelle aziende, nelle istituzioni politiche. 
Gli uomini fanno squadra le donne si combattono tra loro.
Nel libro di Noemi Sanna, “Dieci motivi per cui le donne accettano di essere dominate dagli uomini,” l’autrice, medico psichiatra e docente all'Università di Sassari, con un bagaglio di esperienza personale come ex consigliere regionale, affronta la questione: il perché le donne non votano le donne.
La teoria della Sanna è che le donne, cresciute con stereotipi culturali e modelli maschili in certi ruoli, faticano a liberarsene.. Se consideriamo che in quasi tutti i Paesi dove esistono democrazie a suffragio universale, il numero delle elettrici supera quello degli elettori, se le donne votassero per le donne, l'equilibrio della rappresentanza sarebbe assicurato.
Invece, pressoché in ogni elezione, che si tratti di elezioni politiche, regionali, provinciali e comunali, fino al presidente dell'assemblea condominiale, la maggioranza delle donne sceglie di votare gli uomini, ai quali riconoscono capacità e attitudini nell'esercizio del potere.
Noemi Sanna analizza questo fenomeno non solo antropologicamente ma anche storicamente sottolineando che il voto femminile è una conquista recente in molti Paesi occidentali di antica democrazia.
E' stato concesso in molti Stati soltanto dopo la seconda guerra mondiale.
In Europa soltanto una piccola e discontinua minoranza di attiviste (come le suffragette inglesi tra Otto e Novecento) ha rivendicato il diritto di voto, nell'indifferenza della maggioranza delle donne, che invece lottavano in prima fila, accanto agli uomini, per ottenere le 'otto ore' e aumenti di salario.
Come se non lo considerassero un diritto e come se, non riuscissero neppure a immaginarsi un protagonismo femminile in politica. La barriera con cui le donne italiane si scontrano quando cercano di avvicinarsi alla politica attiva, è forte, fortissima. E quando si tratta di donne le aspettative si amplificano a dismisura, mentre, si sa, il "credito dato a un uomo', sembra non richiedere troppe garanzie".
Per abbatterla quella barriera, non servono tanto delle leggi riparatrici.
Quello che davvero occorrerebbe fare, per un nuovo ordine ed equilibrio nella ripartizione degli spazi deputati all'esercizio del potere e nella partecipazione politica, è di innescare, dal basso, processi culturali e pragmatici, capaci di cambiare le donne stesse, "le quali accettando o adattandosi a un modello di vita scelto per loro da altri', scrive la Sanna, contribuiscono, di fatto, "a mantenere saldi, più o meno consapevolmente, alcuni tra i più potenti meccanismi discriminatori".
“C’è un posto speciale all’inferno per le donne che non aiutano le altre donne”. Fu una frase che pronuncio’ Madeleine Albright, ex Segretario di Stato americano, ad un convegno sulle politiche di genere. Mettendo il dito in una ferita mai rimarginata, che si basa su una tesi semplice: le donne non sanno fare rete come gli uomini. 
Le donne non si fidano delle altre donne, le donne non si piacciono, si fanno la guerra anche a colpi di tacco 12 e di seduzione compulsiva.
I dati dicono che quando una donna arriva al potere, raramente promuove figure dello stesso sesso, amministratori delegati, capi segreteria, personale fiduciario. Le donne , come spessissimo fanno i maschi al potere, relegano le colleghe di genere a compiti di segreteria, mentre per ruoli di contenuto, promuovono uomini anche con titolo di studio inesistente.
Le donne non sanno fare lobby.
  Luisa Pogliana, consulente di ricerca sui mercati internazionali, ha risposto in un libro: Donne senza guscio. Percorsi femminili in azienda .
Riporto le parole dell’autrice:
“Quando si parla di come le donne possono organizzarsi nel mondo del lavoro per acquisire potere, si parla di lobby femminili o di networking.
In realtà in Italia sono fenomeni elitari.
La verità è che il cattivo rapporto con i meccanismi di potere è uno dei limiti delle donne.
Che poi, ricorda Pogliana, sono spesso escluse dai gruppi e dai luoghi dove si svolgono i giochi di potere maschili. Insomma, come bighellonare per aperitivi mentre i bambini a casa aspettano la cena?
Riflette Francesca C., top manager in una grande azienda alimentare: «Le donne non sanno fare lobby e non votano le donne: è un problema di autostima ed estrema competizione che porta ad affidarti al maschile». “
La femminista Phillys Chesler lo dice anche nel suo ultimo libro, Donna contro donna: cito testuali parole dell’autrice:
«Le donne possono essere molto violente con le altre donne».
Le ragioni di questa ferocia, per la Chesler, sono da ricercare nell’infanzia delle bambine: i maschi risolvono i loro conflitti con la forza fisica, le femmine interiorizzando.
Il risultato è la "tirannia della gentilezza", che imprigiona le donne e le rende più spietate”.
Usciremo un giorno da questo autolesionismo, che ci siamo inflitte a favore del maschio, autolesionismo e maschilismo silenziosamente accettato e sopravvissuto nonostante meravigliose figure femminili hanno dato la vita per la nostra emancipazione e per la rivendicazione sacrosanta della dignità e della liberazione dal giudizio e dal potere del maschio?

Letizia Moroni
27 aprile 2016


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